di Davide Cutugno – 17 maggio 2021

Questo ultimo periodo è stato per me (e per i miei colleghi) fitto di riflessioni  sul nostro futuro (e in questo periodo non siamo ahimé i soli), e sulle nuove dinamiche che, con l’espansione di un mercato che purtroppo esiste solo di fatto ci riempie di dubbi sul da farsi.

Raccogliamo dai nostri partecipanti attestazioni di stima, che riceviamo e ci gratificano; tuttavia non possiamo non notare una sorta di “mondo di mezzo” che ancora oggi, a 30 anni dalla fondazione della prima associazione di categoria, c’è chi si impegna in una decisa battaglia contro il nostro ruolo svolto. Battaglia che nasce per il gusto italico di rifiutare a priori qualunque cosa che possa portare a un cambiamento, a una evoluzione; sentiamo spesso proclami roboanti che parlano di turismo sostenibile, ma alla prova dei fatti chi opera nel settore non gode di garanzie, normative chiare ed univoche, e si preferisce lasciare tutto all’estemporanietà e al “volemose bene” perché “con la cultura non si mangia” (cit.).

Ma non è di questo che vorrei parlare; piuttosto, in questi pochi momenti liberi vorrei lasciare considerazioni sparse sull’utilità di questa professione.

A cosa servono le guide?

Le guide escursionistiche vendono in primis un’esperienza, una conoscenza e un’ illustrazione del territorio: sapere dove si va e cosa si sta facendo aiuta ad imprimere nell’ escursionista una coscienza di ciò che si va a vedere, impara anche forse a rispettare i luoghi visitati.

In secondo luogo, i partecipanti pagano per un servizio, e dentro quel servizio c’è una cura che parte dalla progettazione, dalla verifica dei luoghi e dagli accordi con i soggetti interessati (proprietari, parchi, riserve, ecc), assistenza verso i clienti, cui la guida è tenuta a dare consigli prima durante e dopo l’escursione.  Il partecipante tipico solitamente il fine settimana ha voglia di rilassarsi, di camminare, di respirare aria buona, e di stare “comodo” all’interno di una escursione che è ritagliata per lui. Spesso non è preparato adeguatamente, nel senso che si trova magari alla prima esperienza, o non è abituato agli ambienti remoti, e per questo si “affida” ad una guida che può provvedere a colmare, per uno più giorni, queste lacune.

La scelta “professionale” di una guida (intesa come attività svolta continuativamente), è una forma di garanzia e di rispetto per i partecipanti, in virtù proprio del pagamento di un servizio, che nella massima trasparenza dal primo contatto fino alla fine dell’escursione cui hanno partecipato sono sempre debitamente informati su tutti gli aspetti, da quello organizzativo a quello assicurativo e fiscale, senza supercazzore di sorta che oggi infestanol’ambiente escursionistico, danneggiando i lavoratori del settore.

Ovviamente consigliamo sempre di fare un corso base di escursionismo, per quegli erudimenti che possono rendere la progressione in natura più semplice; non riteniamo inoltre che la guida sia assolutamente indispensabile per andare in certi luoghi, l’escursionista può auto-organizzarsi avendo sempre una cognizione di ciò che va a fare, sempre per preservare la natura e per non creare a se stesso o ad altri spiacevoli incidenti.

Tuttavia va detto che un gruppo organizzato garantisce una certa disciplina che contribuisce ad avere un impatto minimo sul territorio che si va ad attraversare. Ci si aiuta, ci si sostiene, ci si aspetta, e soprattutto, si condivide, si scambiano impressioni, si ride, si riposa, si osserva.

Sbaglia il partecipante che si sente “sminuito” se si fa accompagnare: non credo che tutti noi siamo competenti in tutto (messaggio velenoso che il web ci vorrebbe propinare con bellissime app che se non usate con criterio possono rivelarsi delle trappole), ed in realtà è un po’ stupido improvvisarsi in qualcosa di cui poi non abbiamo nemmeno coscienza delle conseguenze (ed accompagnando ogni anno migliaia di persone sappiamo bene quali sono).  Se andate al ristorante vi sentite dei fessi se pagate una pietanza più che se la faceste da soli a casa?

Sbaglierebbe d’altronde, anche la guida che in quanto tale si ritiene di default un escursionista migliore: fare la guida non è questo, è piuttosto servire il cliente al meglio garantendogli la maggiore sicurezza possibile; qualunque approccio diverso si trasmetterebbe al partecipante che a quel punto farebbe anche bene ad autorganizzarsi.

Da piccolo andavo con i miei sulle Dolomiti; se dovessi andarci in vacanza, dopo un anno a faticare e a stressarmi, farei delle escursioni facendomi accompagnare, perché non vorrei stare con la cartina in mano, e vedere più cose possibile senza perdermi le più belle curiosità che solo una guida locale competente può darmi.

Ecco perché io, da guida, andrei volentieri con una guida.

[foto di Alberto Lombardi]

 

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