Siamo nel cuore dell’ Ager Faliscus, nel territorio che fu possedimento dei Falisci fino al 241 a.C.
Questa escursione si propone con un giro ad anello di percorrere un bel tratto della Via Amerina e di scoprire le diverse emergenze archeologiche del luogo. Cominciamo!

Si parte da Parco Falisco, una frazione del comune di Fabrica di Roma in provincia di Viterbo, dove si può lasciare l’auto in sosta senza particolari problemi, e si impegna una via residenziale fino ad incontrare il primo tratto della Via Amerina. Da qui si può scorgere il Monte Soratte che fa da confine naturale tra queste zone e la Sabina. Si vedono molto chiaramente il borgo di Sant’Oreste e, aguzzando la vista, l’eremo di San Silvestro.

La Via Amerina fu costruita proprio dopo il 241 a.C., come era consuetudine dei romani realizzare una strada che mettesse in rapido collegamento Roma con le terre appena conquistate. Si parla di un’area compresa grosso modo tra Orte, Sutri e Capena, dove viveva un popolo, i falisci,  che culturalmente era assimilabile agli etruschi, ma che al tempo stesso tenne molto alla propria indipendenza, dando in più di un’occasione filo da torcere ai romani.

La necropoli è chiamata “dei tre ponti” per il fatto che furono proprio realizzati proprio tre ponti per il suo passaggio; subito troviamo i resti del primo sul Rio Calello e già notiamo qualche cavità sicuramente utilizzata come tomba in tempi passati.

Proseguendo ancora, ecco che si manifesta subito a noi lo spettacolo di una necropoli con il basolato della strada romana praticamente intatto: non si sa dove guardare tra cavità, tombe ad arcosolio e colombari, tutte diverse forme di tombe di epoca romana; tipico della cultura repubblicana e poi imperiale era costruire le tombe sulle principali vie di passaggio, secondo un uso completamente diverso dalla cultura etrusca (e falisca) secondo cui era più consona la realizzazione di un “cimitero” separato dal centro abitato, una sorta di “città dei morti”.

E infatti come deviamo dal rettilineo della via (scelta obbligata perché anche il secondo ponte è crollato) ci troviamo di fronte a due tombe in stile etrusco, che affacciano frontalmente con il Rio Maggiore, con il segno della “porta dell’aldilà” e con la particolarità che gli ambienti interni furono riutilizzati, sempre in epoca romana, con incassi sul muro che vediamo solitamente nelle catacombe.

Il percorso che può essere difficoltoso, è qui compensato dalla presenza di staccionate e corrimano che aiutano nella discesa.

Anche una volta superato il Rio Maggiore, troviamo altre tombe e colombari (luoghi dove venivano conservate le ceneri dei defunti, una volta cremati), e già si nota l’imponenza di questo ponte, passandoci sotto, che testimonia la sua mole dovuta soprattutto al fatto che, essendo fatto di tufo aveva bisogno di una grande dimensione per poter reggere. Purtroppo questo accorgimento non sarà sufficiente a far resistere questi ponti dall’incuria, dall’erosione delle acque e dall’incedere del tempo.

Proseguendo più avanti si trova invece l’unico ponte rimasto in piedi in questa zona, doverosamente puntellato, che scavalca il fosso dei Tre Ponti. Si potrebbe, con notevole spirito di avventura, seguire il corso di questo fiume in direzione Nord-est, per andare a scovare i resti di un’antico acquedotto, ma ormai la vegetazione ha preso il sopravvento ed è impossibile arrivarci senza restare intrappolati dai rovi.

Per cui torniamo nuovamente sul Rio Maggiore e lo costeggiamo, trovando altre curiose costruzioni ipogee, piuttosto rare da trovare così vicine al letto del torrente e così in profondità nella forra. Attraversato il punto in cui il fosso dei Tre Ponti si incontra con il Rio Maggiore, giriamo decisamente a destra, dove subito incontriamo un acquedotto probabilmente ancora in funzione,e poco dopo una bella via cava, in ottimo stato di conservazione.

Si nota il tipico restringimento sulla sommità utile a ridurre l’impatto delle eventuali intemperie con i viandanti che la impegnavano. La funzione delle vie cave era un pò come quella della rampe autostradali, servivano ad attraversare forre con pareti rupestri particolarmente alte ed inaccessibili, che separavano nettamente il territorio tra un altopiano e l’altro.

Saliti alla fine della via cava sull’altopiano di Monte Cioccolo, costeggiamo la rupe fino a trovare sulla sinistra l’ingresso di quella che probabilmente è la più maestosa via cava del Lazio: la “Tagliata Fantibassi“. Lunga poche centiaia di metri, ma che arriva anche a 25 metri di altezza, ci da la sensazione di camminare nelle viscere della terra, metre in lontananza si sento le acque del Rio Maggiore nel silenzio generale. Dobbiamo anche passare sotto un enorme masso che in epoche lontane si è distaccato dalla parete di destra, adagiandosi sul lato opposto.

Arrivati sul Rio, occorre guadarlo, è sconsigliabile utilizzare un ponticello reso un pò precario dalle continue esondazioni che questi fossi emettono soprattutto in periodo invernale in occasione di fenomeni alluvionali.

A questo punto siamo nel pieno della Tenuta del Terrano, e facendo attenzione a costeggiare i campi coltivati, passiamo attraverso alcune cascine.

Arriviamo quindi fino alla Via Terrano, una via interna che congiunge la Strada provinciale 27 con Civita Castellana, e la percorriamo per qualche centinaio di metri fino a superare il ponte stradale che passa sul Rio del Purgatorio. Si entra in un noccioleto costeggiando il Rio, e si sale sul pianoro di Falerii Novi, dove incontriamo una fattoria e l’acquedotto in funzione di Civita Castellana. Costeggiando sempre i campi coltivati, volendo si può discendere in qualche punto dalla rupe per scorgere le maestose mura di Falerii. Proseguendo a bordo campo in direzione nord, troviamo un grande tomba monumentale di epoca romana, di forma circolare, scarsamente visibile per via della fitta vegetazione.

Si costeggiano quindi le mura, fino a raggiungere l’area archeologica, l’unico punto oggi definitivamente portato allo scoperto. Falerii Novi fu costruita dopo la distruzione di Falerii Veteres (nei luoghi dell’attuale Civita Castellana) in un luogo e con delle mura che proteggessero la popolazione falisca ormai soggiogata a Roma ma che fosse comunque facilemnte espugnabile in caso di uan ennesima ribellione da parte di questo popolo.

Subito dopo si mostra a noi la costruzione di un convento con la Chiesa di Santa Maria in Falleri, con facciata romanica, molto suggestiva.

Uscendo dal complesso, infine, troviamo la magnifica Porta di Giove, in ottimo stato di conservazione, che dava accesso alla città.

 

Si impegna quindi la strada asfaltata che ci riporta dopo qualche centinaio di metri al Parco Falisco.

CARATTERISTICHE TECNICHE:

DIFFICOLTA’ PERCORSO: Escursionistico (E – riferimento alla tabella CAI al link https://it.wikipedia.org/wiki/Escursionismo#Italia ) LUNGHEZZA PERCORSO: 11 km DISLIVELLO: 300 mt DURATA PERCORSO: circa 7 ore + pausa pranzo PRESENZA GUADI: si

Si specifica che, mentre la Via Amerina, la porta di Giove, l’area di Santa Maria in Falerii e la vicina area archeologica sono normalmente accessibili al pubblico, tutto il resto (la tenuta Terrano, il Rio Purgatorio e tutta la restante area dei Falerii Novi) è in diverse proprietà private (che qui ringraziamo per la gentile collaborazione) ed è vietato l’accesso senza autorizzazione. 

Per le uscite programmate su questa località, che vengono proposte almeno un paio di volte l’anno, invitiamo a cliccare QUI

Se vuoi organizzare questa escursione per i tuoi amici, per la tua famiglia, per un compleanno o per i tuoi colleghi di lavoro con il servizio di una guida escursionistica, puoi scriverci a info@camminesploratori.com

Testo di Davide Cutugno; Foto di Davide Cutugno.

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